mercoledì 28 marzo 2012

VERIFICA

A ZACINTO

Parafrasi:


Io non potrò mai piu’ toccare le sacre sponde dove il mio corpo da piccolo giacque; o Zante mia, che ti rispecchi nelle onde del mare greco dal quale nacque la dea vergine Venere, e rese feconde quelle isole attraverso il suo primo sorriso, motivo per cui l’ alta poesia di Omero non potè non parlare del tuo limpido cielo, e delle avventure di Ulisse per il mare governato dal fato e l’ esilio di colui, bello per la fama e per la disgrazia, che è arrivato alla fine a baciare la sua Itaca piena di pietre. Tu Zacinto non avrai altro che la poesia del tuo figlio, a noi il destino ha ordinato una sepoltura senza lacrime.


Schema:


La descrizione della poesia e’ circolare: si parte da Zante per passare al mare Ionio, a Venere, alle isole, ai poemi omerici, a Omero, a Ulisse e Itaca ed infine ancora a Zante.


Temi Romantici:


Patriottismo, eroe romantico in esilio


Temi Neoclassici:





Presenza di Grecismi e Latinismi (Zacinto), figure mitologiche ( Venere), e Omero 




Figure Retoriche

:

Perifrasi = V 2 “dove…giacque”



Sineddoche = V 7: “nubi”


Litote = V 6: “non tacque”


Antitesi = V 11: “baciò-petrosa”


Intreccio Romantico e Neoclassico:


Il tema romantico si intreccia con quello neoclassico quando Foscolo richiama l’ attenzione sul personaggio mitologico di Ulisse, sottolineando in particolar modo la patria ed il fatto che, anche lui come Ulisse, era in esilio. Comunque la figura mitologica (neoclassica) in questo caso, coincide con l’ eroe romantico.


Identificazioni del poeta:


Il poeta si rivede in parte nella figura mitologica di Ulisse, perchè Ulisse ha potuto ritornare nella sua patria Itaca, mentre Foscolo è destinato a restare lontano da Zante anche dopo la sua morte.












MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI

Testo
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentil anni caduto.


La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.


Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quiete.


Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.


Parafrasi
Un giorno se io non sarò sempre costretto a fuggire di paese in paese mi vedrai seduto sulla tua tomba a piangere per la tua morte.
Ora solo nostra madre ormai vecchia parlerà di me e io non posso fare altro che porgere le mie braccia e salutare la mia città.
Sento anch’io l’ostilità degli dei e le angoscie che hanno turbato la tua vita.
Adesso mi resta solo il desiderio di morire!
Dopo la mia morte, che avverrà lontano dalla mia città, vorrei solo che le persone portino a mia madre le mie ossa.


Il metro, la lingua, lo stile


Nel sonetto ogni strofa è costituita da un unico periodo, tranne l'ultima terzina, in cui il primo verso è 
un'esclamazione e gli altri due formano un periodo. Foscolo riprende dunque la forma metrica del sonetto secondo 
i canoni tradizionali, ma con una vitalità e una sensibilità nuove. Per esempio, pur rispettando l'identità di 
strofe e periodi, sono frequenti gli enjambements, che rendono l'idea di una meditazione e di un lamento continuo e 
sommesso. Nella lirica vi sono diverse allusioni a testi di altri poeti della tradizione, come Catullo e Petrarca
. L'uso di figure retoriche rivela la capacità di Foscolo di rivitalizzare le immagini tradizionali attraverso 
la passione e il sentimento che in esse trovano voce: la metonimia, la metafora, la sineddoche. Va notato come 
tutte queste figure siano legate alle parole chiave della poesia, quelle che esprimono i temi fondamentali.




INFINITO
PARAFRASI
Mi è stato sempre caro questo colle solitario e questa siepe che l'orizzonte esclude. 
Ma quando mi siedo e osservo spazi interminati e silenzi, in tutta quella quiete, mi nascondo nei pensieri, 
e il cuore si spaventa. E come il vento soffia tra gli alberi, io penso a questo silenzio infinito, e ricordo il tempo
passato e quello presente e vivo e il suo rumore; Così, in questa immensità il mio pensiero affonda: e naufragare 
in questo mare sterminato è dolce. 

FIGURE RETORICHE
Al verso otto, il poeta ha usato la parola COR come sinonimo di “sentimento,
animo” e la figura retorica che ha utilizzato è la metonimia. L’espressione IN QUESTO MARE 
contiene una figura retorica ed è una metafora. Il poeta ha utilizzato questa immagine perché per lui è fonte di 
meravigliosa dolcezza annullare la sua coscienza nella vastità dell’infinito. Il metro di questa poesia e di avere 
endecasillabi sciolti.


A SILVIA 
PARAFRASI

Silvia, ricordi ancora quando eri in vita
Quando la tua bellezza splendeva, nei tuoi occhi ridenti e schivi,
e tu lieta e pensierosa ti apprestavi al passaggio dall'adolescenza alla maturità.
Suonavano le stanze tranquille e le strade al tuo continuo canto,
quando tu eri intenta ai lavori femminili, sedevi contenta per il tuo avvenire ancora da definire.
Era Maggio e tu eri abituata a lavorare.
Talvolta lasciavo gli studi piacevoli e quelli faticosi su cui trascorrevo la mia adolescenza e veniva spesa la migliore parte di me.
Dalle stanze e dai balconi della casa paterna io ascoltavo la tua voce. E ti immaginavo lavorare con fatica alla tela.
Guardavo il cielo sereno, le vie illuminate, e la campagna intorno,
Da questa parte il mare e dall'altra parte le colline.
Non ci sono parole giuste per esprimere i sentimenti che provavo nel mio cuore.
Che bei pensieri,
che speranze, che cuori, o Silvia mia!
Come ci sembrava allora la vita umana e il destino!
Quando mi ricordo di tanta speranza
Un sentimento molto forte mi opprime e torno a dolermi della mia sfortuna.
O natura, o natura, perché non mantieni le tue promesse? Perché ci inganni?
Prima che giungesse l'inverno, venivi uccisa da un dolore forte e morivi o tenera, e non vedevi la tua adolescenza.
Non ti struggeva il cuore, le lodi dei ragazzi per i tuoi capelli neri ora dei tuoi sguardi innamorati e schivi.
E con te le tue amiche non parleranno d'amore durante i giorni di festa.
Anche la mia speranza morì poco tempo dopo: anche a me il destino ha negato la giovinezza. Ahi come sei passata cara compagna della mia infanzia, mia compianta speranza!
Questo è quel mondo? Sono questi i divertimenti, l'amore, le opere, gli eventi di cui abbiamo tanto discusso insieme?
E' questa la sorte degli esseri umani? All'apparire della verità tu moristi: e con la mano indicavi da lontano la fredda morte ed una tomba spoglia.

FIGURE RETORICHE
o natura o natura..perchè non rendi poi quel che prometti allor?:::::::::::::: personificazione

lieta e pensosa è un ossimoro

porgea gli orecchi al suon della tua voce
ed alla man veloce.............zeugma 

Sudate carte = metonimia (causa per effetto

Lingua mortal = metonimia (causa per effetto) 

Sguardi innamorati e schivi = metonimia (effetto per causa) 

nell’ultima strofa avviene la personificazione della speranza, con la quale Leopardi parla e che gli indica la tomba di lontano

Assonanza: “quinci… lungi” ;

Climax: “Che pensieri soavi/ che speranze, che cori,…”

Anafora: “Anche…/…anche” 

è presente l’allitterazione, ad esempio quella delle lettere “r”, “t”, “v”, “sp” nella prima strofa


IL SABATO
PARAFRASI
La fanciulla viene dalla campagna, al tramonto, con l’erba che ha raccolto per i suoi animali; e con in mano un mazzo di rose e viole, con le quali si prepara per ornarsi domani, il giorno di festa, il petto e i capelli. 
Una vecchia signora è seduta con le vicine sull’entrata di casa sua a filare, rivolta verso il tramonto; parla della sua giovinezza come se raccontasse una bella favola, e parla di quando anche lei si ornava con i fiori, e ancora sana e snella era solita danzare la sera in mezzo a quelli che furono i suoi compagni di giovinezza. 
L’aria si fa scura, e il cielo, che nel crepuscolo era pallido, ora ritorna azzurro cupo e le ombre si allungano, giù dai colli e dai tetti, alla luce della luna appena sorta.

Ora la campana annuncia della festa del giorno seguente; e quel suono sembra confortare il cuore dalle fatiche della settimana. 
I fanciulli gridano sulla piazza in gruppo e saltando qua e là fanno un lieto rumore: e intanto torna lo zappatore fischiando, e fra sé e sé pensa al giorno di riposo che lo aspetta.

Poi quando intorno ogni luce è spenta, e tutto tace, sento il martello picchiare, sento la **** del falegname, che lavora nella bottega alla luce di un lume ad olio, e si affretta e si dà da fare per completare il lavoro prima dell’alba.

Questo (sabato) è il più gradito giorno della settimana, pieno di speranza e di gioia: domani tristezza e noia entreranno a far parte della giornata, perché ognuno ritornerà con il pensiero alle fatiche di tutti i giorni che l’indomani riprenderanno. 
Fanciullo scherzoso, questa tua età piena di gioia, è come un giorno pieno di allegria, giorno chiaro, sereno, che precede la giovinezza, età felice della tua vita.
Godi fanciullo mio questa condizione, questa è un’età felice.
Non voglio dirti

FORME RETORICHE
Sono presenti numerose figure retoriche :
Metafore: la giovinezza è espressa con "età fiorita", "età bella", "stagion lieta"; 
Litote: "altro dirti non vo' " fa capire l'intenzione di Leopardi di non demoralizzare i giovani; 
Climax: I personaggi sembrano realizzare un climax prima crescente dopo decrescente: la donzelletta (gioventù)- la vecchiarella (vecchiaia)- lo zappatore (età matura)- il garzoncello (gioventù); 
Enjambements : spezzano il ritmo (la ****/ del legnaiuol) , (diman tristezza e noia/ recheran l'ore); 
Similitudini: "cotesta età fiorita è come un giorno d'allegrezza pieno"; 
Metonimie: " torna azzurro il seren"; " or la squilla dà segno della festa che viene" . 
Nella prima parte della poesia si notano allitterazioni con doppie 
(donzelletta, vecchiarella, novellando, sulla, bella, colli...) o con 
dittonghi (giorno-, chiaro- ciascuno -gioia- stagion, pien- pensier- lieta), assonanze 
( campagna- calar- ornava- sana- danzar- aria- parca...;siede- parole- recente- sette- speme, incontro- giorno- riposo- scherzoso ),
 consonanze (face- seco- reca, affretta- tutta- tetti- frotta- tutto- sette, fanciullo- bella- garzoncello, azzurro- precorre, onde- quando)
e rime (sole- viole- suole, appresta- festa, crine- vicine, snella- bella, imbruna- luna, gridando- saltando, rumore- zappatore, face- tace ).
 L'uso continuo di diminutivi (donzelletta- vecchiarella- garzoncello) evidenzia una tenerezza



IL 5 MAGGIO
PARAFRASI:
 Napoleone è morto. Come il suo corpo rimase immobile dopo aver esalato l'ultimo respiro, così immobile rimase il mondo, colpito, stordito dall'annunzio,

    ammutolito, pensando all'ultima ora dell'uomo del destino; nè sa quando il passo di un uomo altrettanto grande tornerà a percorrere le stesse orme macchiate di sangue.

    Il mio ingegno poetico lo vide solitario vincitore ed in auge, e tacque e così continuò anche quando, con alterne fortune cadde, si risollevò e fu definitivamente sconfitto, non unendo la sua voce a quella di tanti altri poeti:

    si innalza ora commossa, non contaminata di elogi servili e di vili insulti, all'improvvisa morte di una figura simile; e dedica alla tomba un canto che forse resterà eterno.

    Dall'Italia all'Egitto, dalla Spagna alla Germania le azioni fulminee di quell'uomo senza esitazioni seguivano immediatamente il suo improvviso apparire; agì impetuoso dall'estrema punta dell'Italia fino al Don, dal Mediterraneo all'Atlantico.

    Fu vera gloria? Lasciamo ai posteri la difficile sentenza: noi ci inchiniamo umilmente al Sommo Creatore che volle imprimere su di lui un sigillo più forte della sua potenza creatrice.

    Egli sperimentò tutto: la tempestosa e trepida gloria di un grandissimo disegno, l'insofferenza di un animo ribelle che deve obbedire ma pensa al potere e poi lo raggiunge e ottiene un premio che sarebbe stato una follia sperare;

    provò la gloria tanto più grande dopo il pericolo, la fuga e la vittoria, il potere e l'esilio umiliante; due volte sconfitto, due volte vincitore.

    Egli si diede il nome: due epoche storiche tra loro opposte guardarono a lui rispettosamente come aspettando il destino; egli fece silenzio e si sedette tra loro come arbitro.

    Nonostante tanta grandezza, improvvisamente scomparve e finì la sua vita in ozio, prigioniero in una piccola isola, bersaglio di immensa invidia e di rispetto profondo, di grande odio e di grande amore.

    Come sulla testa del naufrago incombe e grava l'onda su cui poco prima lo sguardo del misero scorreva alto e proteso invano ad avvistare lontani approdi,

    così sull'anima di Napoleone scese il peso dei ricordi. Oh, quante volte ha iniziato a scrivere le sue memorie! E quante volte su quelle pagine cadde la sua stanca mano!

    Quante volte al tramonto stette con gli occhi bassi e le braccia conserte e lo assalì la malinconia e il ricordo del passato!

    E ripensò agli accampamenti militari continuamente spostati, alle trincee, lo scintillare delle armi e l'avanzare della cavalleria, e agli ordini concitati e alla loro rapida esecuzione.

    Ah, forse a tanto dolore cadde il suo spirito e si disperò, ma valido venne l'aiuto di Dio, che lo trasportò pietoso in una realtà più serena;

    e lo guidò per i floridi sentieri delle speranze verso i campi eterni, lo guidò verso la beatitudine eterna, che supera qualunque desiderio umano, lo guidò verso quel luogo dove la gloria terrena non vale nulla.

    Bella, immortale, benefica fede, abituata alle vittorie! Annovera anche questo tuo trionfo, rallegrati; perché nessuna personalità più grande si è mai chinata davanti alla croce di Cristo.

    Tu, o fede, allontana dalle stanche spoglie di quest'uomo ogni parola malvagia: il Dio che può tutto, che ci dà i dolori e ci consola si è posato accanto a lui, per consolarlo nel momento della sua morte.

FIGURE RETORICHE PRINCIPALI

FIGURE RETORICHE
vv.1-5: Siccome immobile…… così percossa……. - similitudine

v.4: orba - metafora

vv.8-9 all’ultima ora ….. simile orma ….. - enjambement

v.12: a calpestar verrà - anastrofe

vv.13-14: Lui folgorante in solio/ vide il mio genio e tacque - iperbato

v.17: di mille voci al sonito - anastrofe

v.21: tanto raggio - metafora

vv.25-27:dall’ Alpi ….. dal Manzanarre …. di quel … - anafora

v.27:di quel securo il fulmine - anastrofe

vv.33-34: Massino Fattore - enjambement e antonomasia

vv.37-38: la procellosa e trepida gioia - enjambement e ossimoro 

v.56: breve sponda - sineddoche ( per indicare isola). 

vv. 61-66: come sul capo …. tal su quell’alma (Similitudine) 

vv. 73-74: tacito morir - enjambement 

v. 75: rai fulminei - metafora (per indicare gli occhi) 

E ripensò ….
e il lampo ….
e l’onda ….. vv.79-84
e il concitato ….
e il celere …..